Roma 19 Febbraio 2016
“I dati sulla corruzione e frodi nella sanità sono una conferma di quanto stiamo dicendo ormai da mesi. Una politica dei tagli inutile che ha prodotto solo una riduzione dei servizi ai cittadini e condizioni lavorative a dir poco proibitive a causa del blocco del turn over, alla mancanza di investimenti, alla riduzione dei posti letto, al mancato miglioramento dell’informatizzazione e delle nuove tecnologie digitali; nulla, invece è stato fatto per ridurre il cancro della corruzione ed eliminare sperperi e sprechi in sanità.” Lo dichiara in una nota il Segretario Generale Uil Fpl Giovanni Torluccio che continua: “Nessuna azione concreta è stata adottata contro i centri di potere troppo spesso corresponsabili di fenomeni corruttivi e di condizionamenti impropri, compresi quelle della criminalità organizzata, sempre più diffusamente infiltrata – ad esempio negli appalti di servizi e nell’edilizia sanitaria.
Niente è stato fatto per abbattere i tempi di attesa che oltre a generare disagi e disuguaglianze tra i cittadini ha creato effetti corruttivi. Più volte la Uil Fpl ha dimostrato con dati certi come in molte Regioni i tempi di attesa per visite ed esami diagnostici strumentali siano persino peggiorati contribuendo tra l’altro a creare cittadini di serie A i quali usufruiscono di esami in tempi brevi in regime di Libera Professione (molto spesso nelle stesse strutture ospedaliere) a costi uguali o poco superiori ai ticket sanitari e cittadini di serie B, meno abbienti, costretti ad aspettare mesi per effettuare un esame con il Servizio Sanitario Nazionale o costretti a rinunciare, pur avendone bisogno, ad almeno una prestazione sanitaria.
Il solo fatto che 3 milioni di cittadini italiani hanno rinviato il ricorso all’assistenza sanitaria a causa delle crescenti difficoltà economiche dimostra il fallimento della politica portata avanti dal Governo Renzi sulla sanità.
La stessa Corte dei Conti ieri ha affermato che la spending Review è stata un parziale insuccesso. Il contributo dalla revisione di spesa come hanno fatto notare non deriva solo da efficienza e razionalizzazione ma anche da operazioni assai meno mirate di contrazione, se non di soppressione, di prestazioni rese alla collettività. Anche su questo versante la nostra categoria con forza, già nell’estate 2015 annunciò le possibili ripercussioni della spending sia sul piano occupazionale che sui servizi, in particolare l’art.9 ter del decretolegge78/2015, convertito conLegge125/2015 riguardante la rinegoziazione del 5% dei contratti ai fornitori del SSN. Dicemmo che non si sarebbe prodotto un reale risparmio per lo Stato, visto che a rimetterci sarebbero stati soprattutto i lavoratori attraverso riduzioni dell’orario contrattuale, l’impiego della cassa integrazione, del contratto di solidarietà o persino con i licenziamenti. Di fatto questo è avvenuto, hanno “risparmiato” da una parte, ma aumentato i costi dall’altra attraverso l’utilizzo degli ammortizzatori sociali, oltre a scatenare un ondata di proteste dei lavoratori che si sono visti decurtare i loro stipendi, ed ovviamente anche dei cittadini in virtù di una riduzione dei servizi”.